FRANCESCO TOSINI

Cielofuturo

Milano, 2022

Spesso le argomentazioni logiche si rivelano giustificazioni per le intuizioni irriducibili che le precedono, ma accettando la violenta accidentalità dei moti interiori è possibile far scaturire eventi puri, come conseguenze necessarie che eccedono o rifiutano la concettualizzazione.

Attraverso l’emanazione della luce dal basso, nella mostra “Cielofuturo” alla Basilica di San Celso, un grande ledwall collocato a terra visualizza una catena di composizioni in movimento astratte e autogenerative, dipinti digitali che costituiscono il risultato ultimo della ricerca di Francesco Tosini sul video feedback, iniziata nel 2016.

Realizzato attraverso linguaggi di programmazione usati per ottenere effetti di interazione ricorsiva, il video è costituito da sorgenti visive che reiterano se stesse causando processi di auto-organizzazione.
Disposta al centro della basilica romanica, l’installazione crea uno spazio multimediale astratto e anti-narrativo che genera un’infinità di reazioni per definizione non prevedibili. Il feedback è un processo che può riferirsi sia agli esseri viventi che agli strumenti tecnologici, e che avviene quando l’uscita di un sistema è riportata nuovamente al suo ingresso.
Questa connessione genera un loop randomico che, in base alla sua natura sonora o visiva, si sviluppa seguendo un comportamento autonomo. Nel video feedback, i processi di crescita o decrescita sono determinati dalle modulazioni della luce. Lo stato della singola unità del video, il pixel, è in costante mutamento, attuando una morfogenesi artifificiale che mutua le dinamiche dei processi naturali applicandole a un dispositivo inorganico.

Verso la fine degli anni Sessanta i primi esempi di video feedback analogico furono introdotti nella scena artistica psichedelica di New York, per poi diffondersi nel resto degli Stati Uniti soprattutto nei movimenti di controcultura, fino a riaffermarsi nella scena rave a partire dagli anni Ottanta.
Nate nell’ambito della ricerca sul Vjing, le pitture digitali in movimento dell’artista, qui in mostra, costituiscono processi visivi di ricorsività contemplativa.

Le sequenze di comandi procedurali dei software di grafica, solitamente usati come conduttore tra l’idea iniziale e il risultato, divengono anti-rappresentative esprimendo unicamente la propria struttura. Le composizioni sono emanazioni non mediate di intuizioni che precedono la significazione, avvicinando rituale magico e tecnologico e manifestando modelli visivi allo stesso tempo intimi e collettivi, che attingono a memorie primordiali. Nella penombra della Basilica romanica, la musicalità sinestetica delle immagini in movimento entra in relazione con l’ambiente sonoro transdimensionale composto in occasione della mostra dal trio Cortex of Light. Il sistema generativo è basato su una serie di patch che riproducono alcuni dei processi morfogenetici presenti in natura, come la crescita delle piante o la meccanica dei fluidi, e ne applicano l’andamento a diversi parametri del suono.

di Niccolò Gravina